Se penso al mio 2018 privato posso ritenermi soddisfatto. Anche contento. Emma ed Ettore crescono sani, felici, entusiasti del mondo e desiderosi di conoscere. Sono passati dall’asilo alla scuola e ci vanno volentieri. Vivono circondati da affetto e stimoli, fanno sport, cantano nel coro, Emma fa danza; sono bambini fortunati.
A maggio è uscito il mio ultimo romanzo, Edelweiss, che sta avendo riscontri positivi. Per il lavoro è stato un anno intenso e proficuo. E gli amici, quelli veri, ci sono. Così come la donna della mia vita, che continua a sopportarmi. Tutto bene, quindi? Non proprio. Il magone in fondo allo stomaco è divenuto una morsa costante. I succhi gastrici ormai resistenti a qualsiasi medicina anti riflusso.
Come diceva Gaber, alcuni non riescono ad essere felici se non lo sono anche gli altri. Come non si riesce, ahimè, a separare il privato dal pubblico. A rinchiudersi nel proprio rassicurante guscio. Siamo animali sociali e quello che accade nel mondo ci colpisce e condiziona. Proprio nel mondo, non solo nel marciapiede sotto casa.
Forse perché un pezzettino di mondo l’ho visto ed ho capito che c’è sempre qualcosa da imparare fuori dalla diga foranea che delimita il nostro splendido Golfo; e che quando si supera un orizzonte ne compare sempre un’altro, come diceva Buzzati.
Viviamo tempi bui – basta con le citazioni, giuro- in cui non solo discutere di alberi sembra un delitto; è il tempo delle orde barbariche digitali che vomitano insulti e livore e gioiscono dell’annegamento in mare di bambini, donne, uomini. Più di 2000 migranti sono morti nel Mediterraneo durante il 2018. Sono le vittime di una politica razzista, che chiude i porti, attacca le ONG, smantella il sistema di accoglienza spingendo i migranti nell’illegalità e nella marginalità, aumentando l’insicurezza sociale che si dice di volere combattere.
In queste ore, mentre ci prepariamo a trascorrere la festa con amici e parenti, nel Mediterraneo le navi Sea Watch 3 e Sea Eye, con a bordo decine di migranti, vagano da giorni alla ricerca di un porto sicuro. Nessun Paese della civile Europa, anche al di là dell’Italia dei porti chiusi, offre un approdo. Mettendo non solo a rischio la salute e la vita dei migranti, ma affogando nel cinismo e nel calcolo elettorale ogni valore fondante della stessa Unione Europea.
Pensiamoci, per qualche secondo, a quei migranti alla deriva in mezzo al mare. Quelle donne, quegli uomini che nessuno vuole. Solo per qualche istante, dedichiamogli un pensiero. Immaginiamo di essere lì con loro, avvolti in una coperta termica luminescente, sfiniti, affamati, prosciugati dalla salsedine. Impauriti. Non costa nulla. Sicuramente meno di una bottiglia di Franciacorta o di un tagliolino agli scampi.
Sono tempi bui quelli che vedono ai vertici delle istituzioni gente come Salvini, Trump, Orban e compagnia; in cui i fascisti rialzano la testa. Ma, soprattutto, in cui una buona parte della popolazione, dei cittadini, ha smarrito ogni senso di empatia e solidarietà verso i più deboli. Ogni senso di umanità. Ignoranza, pavidità, volgarità sembra che prendano il sopravvento un po’ dappertutto. Appare ai nostri occhi attoniti un mondo al contrario, in cui gli oppressori sono venerati e gli ultimi vessati dai penultimi, da coloro che invece dovrebbero sentirli più vicini.
Mai come oggi, dalla fine della seconda guerra mondiale, gli elementi costitutivi dell’Europa, l’uguaglianza, la giustizia sociale, l’accoglienza, i diritti individuali e collettivi sono sotto attacco. E non solo da movimenti revanscisti, ma da governi, come quello italiano, che definire illiberali è un eufemismo. È una sorta di nuovo sovversivismo dall’alto. Che si nutre delle paure e delle peggiori pulsioni di pancia della popolazione. Ci sono migliaia di persone che prendono per oro colato i dati falsi sull’immigrazione costruiti dalla propaganda leghista, e dei giornali affini, o le ricette degli stregoni no vax.
Persone che hanno perso la facoltà di discernimento e che coltivano odi e risentimenti di inusitata violenza. I social sono pieni di esempi. A volte non c’è pietà neanche verso i bambini. Parallelamente, ritornano il bigottismo, il sessismo, l’omofobia. Con la loro buona dose di falso perbenismo: W il presepe, ma i migranti devono morire in mare.
Se vogliamo combattere questa deriva, impedire che si consolidi ulteriormente, ognuno di noi deve fare la propria parte. Chi crede nella democrazia, nel rispetto delle differenze, in una società dell’accoglienza e della cittadinanza; nell’importanza fondamentale della cultura e della bellezza deve alzare la testa e reagire.
Dobbiamo trovare i motivi di convergenza e unità, non quelli di divisione. Poi ci sarà il tempo di litigare sulle ricette per il futuro. Si potrà fare la gara su chi è più bello, più puro, più rivoluzionario, o più riformista. Così come piacerà a ciascuno.
Contro il fascismo ed il nazismo nel nostro Paese ci fu unità di azione tra comunisti, socialisti, repubblicani, cattolici, liberali, anche monarchici.
Una alleanza che chi ha regalato democrazia, Europa, ricostruzione economica e pace duratura dopo due massacri epocali.
Adesso la battaglia contro i fascioleghisti e sovranisti deve essere comune e condivisa tra tutti coloro che si riconoscono in una comune radice di civiltà e di democrazia. Una battaglia prima di tutto culturale, che ognuno di noi può fare ogni giorno, prendendo un autobus, un caffè al bar, accompagnando i figli a scuola, sul posto di lavoro. Parlare, spiegare, confutare le menzogne e promuovere la verità si può fare, è alla portata di tutti. Dobbiamo assumercene la responsabilità. Onorando il nostro lavoro, facendo il nostro dovere, praticando il dialogo e la gentilezza.
È non è solo una battaglia in difesa dei vinti, dei più deboli. Che sono vinti e deboli sopratutto per colpa nostra, del nostro modello di sviluppo (sviluppo, non progresso, rileggere Pasolini aiuta.) Un modello che pone come “naturale” il primato del mercato sull’uomo. Mentre il sistema capitalista è tutto meno che naturale; è storicamente determinato, come tutti i sistemi economici inventati dall’uomo. Per lo sfruttamento di masse sterminate di uomini. Basta guardare i nomi dei pochi che detengono la ricchezza del mondo. Per non parlare dei “corollari” che questo sistema, specialmente nella sua variante ultra liberista di questi ultimi 30 anni, porta con se: ingiustizie sociali, guerre, inquinamento e catastrofi ambientali. Pensiamo solo alla nuova frontiera dei migranti climatici.
È una battaglia civile che deve rimettere al centro un punto di vista “salvifico”, critico. Un progetto di trasformazione radicale della realtà, in opposizione alla decadenza di un modello occidentale ormai incapace di offrire alcuna risposta. Dobbiamo tornare ad immaginare una società più giusta, più libera, più eguale.
Dobbiamo spiegare, indicare con chiarezza i veri responsabili delle crisi. Fare capire che una manovra economica di un governo va nella direzione di redistribuire la ricchezza solo se toglie a chi ha di più, non a chi ha sempre pagato. Non si spreme chi ha sempre fatto i sacrifici, contribuito al risanamento dei conti pubblici. Si fanno, al contrario, la patrimoniale, la lotta all’evasione fiscale, una web tax reale, non la presa in giro del 3% ad Amazon (chissà come se la ridono a Seattle). E si fanno cercando di tenere in ordine i conti pubblici, contemperando il diritto di andare in pensione per chi ha lavorato una vita con quello al lavoro ed al futuro delle nuove generazioni. Non scaricando sui giovani il costo dei privilegi e del consenso elettorale.
La migliore cultura europea ha rappresentato un faro per il mondo intero perché ha saputo aprirsi, contaminarsi, rinnovarsi. Mentre i periodi più oscuri della nostra storia sono stati attraversati da muri, isolamento, fanatismo. Incapacità di comprendere e di accogliere.
Il guru mondiale del sovranismo e del populismo, Steve Bannon, sta per aprire una scuola di formazione in Italia, in un antico convento nel Lazio, in cui costruire legioni di Di Maio e Salvini. In cui “rilanciare i valori del Medio Evo”. Medio Evo versus Illuminismo.
Ma la migliore cultura europea non è quella della Troika, che ha affossato la Grecia ed interviene a gamba tesa nelle politiche sociali ed economiche degli Stati. Appiattirsi sulle posizioni di Juncker e soci, accettare il fiscal compact, è stato uno splendido regalo ai Salvini e compagnia. Che hanno interpretato da destra, in senso corporativo, protezionistico, neo autoritario e razzista, le legittime critiche alla rapacità delle grandi concertazioni economiche e finanziarie.
Serve una nuova visione di Europa, che vada verso l’estensione dei diritti sociali, la realizzazione di una fiscalità comune, della libera circolazione e collaborazione dei saperi e delle intelligenze.
Dobbiamo cercare di contribuire a ribaltare la percezione comune, il pensiero dominante. E possiamo farcela solo se assumiamo come nostri gli occhi delle ragazze e i ragazzi che si interrogano sul futuro in modo critico. Che agiscono per cambiare le cose. Che lottano per i loro diritti e quelli di tutti. Da qualsiasi luogo provengano o in qualsiasi vogliano andare.
Buon anno ragazzi