Ci sono figure letterarie, pubbliche, personaggi che rimangono impressi nella memoria e nel cuore. Che ti segnano. Uno di questi è Gianni Rodari. Mi capita ancora oggi, quando sono in macchina ed incontro un vigile, di recitare mentalmente i versi “chi è più forte del vigile urbano/ferma un tram con una mano/ con un dito calmo e sereno/ tiene indietro un autotreno “. Naturalmente prima della multa, poi i pensieri sono altri.
In questa fulminante, post futurista, filastrocca di Rodari sta tutta la sua poetica. La velocità, la plasticità della metafora. Il ritmo gioioso, l’immediatezza della rima che mai cede alla cantilena. L’immagine lampo, quel dito che “tiene indietro”, la potenza e la lievita’ del gesto democratico, del vivere collettivo.
Se la scuola pubblica italiana è stata per un lungo periodo un luogo fondamentale per la crescita culturale e civile del nostro Paese lo dobbiamo a figure come Gianni Rodari. Ma Rodari è stato un gigante della cultura italiana, i cui meriti vanno anche al di là del mondo scolastico. La sua visione pedagogica, critica e democratica, la sua grammatica della fantasia ha rifondato il senso stesso del processo educativo attraverso la carica liberatoria della parola ed il valore dell’immaginazione. Un no stentoreo al nozionismo, alla scuola della muffa sui libri e del righello sulle mani. Oggi sarebbe inorridito di fronte ai dettami liberisti della scuola asservita all’impresa, avrebbe inveito di fronte alla finta e classista autonomia scolastica che ha così tanto incantato anche la sinistra riformista italiana.
Il suo stile letterario, semplice e raffinato al tempo stesso, con leggerezza calviniana ha rivoluzionato la letteratura per bambini. Il poeta che guarda il mondo con il punto di vista del bambino. Che ne assume lo sguardo. Una visione in opposizione al paternalismo ed al macchiettismo della retorica dell’innocenza e della purezza. Per Rodari ogni bambino è un soggetto attivo, pensante, dotato di spirito critico, di dignità; ma anche di crudeltà, di indolenza, di furbizia plebea. E’ una visione del mondo colorata e multiforme, che intende la pedagogia come uno strumento armonico, che mette insieme i pezzi, sviluppo dell’individuo, del cittadino consapevole, in una dimensione universale.
Maestro della comunicazione, ha utilizzato al meglio gli strumenti del capitale, per dirla con Pasolini, a partire dalla televisione, con l’obiettivo della diffusione di massa dei suoi messaggi sovversivi per l’epoca, ma che sono diventati la base della scuola moderna e della letteratura per ragazzi. Oggi sarebbe molto attivo sui social, nobilitandoli in arguzia e profondità.
Rodari fu partigiano, comunista iscritto al Pci. Giornalista di Ordine Nuovo e dell’Unità. Fondatore del Coordinamento genitori democratici con la partigiana Marisa Musu per una scuola antifascista, laica e democratica.
Un personaggio di una complessità ed una statura immense, il cui centenario della nascita sarà celebrato anche alla Spezia, città con cui Rodari aveva una grande affinità. Per merito di Antonello Pischedda e Mara Baronti. Furono loro, infatti, che nel 1975 misero insieme Gianni Rodari ed Emanuele Luzzati per lo spettacolo “La storia di tutte le storie”. Considerato il capolavoro teatrale di Gianni Rodari, il testo venne scritto in collaborazione da Emanuele Luzzati, Gianni Fenzi, Angelo Corti, la stessa Mara Baronti, Sebastiano Tringali e altri. Un gruppo di straordinari artisti creò questo capolavoro improvvisando con i bambini delle scuole elementari della Spezia all’interno del Centro Allende. La compagnia che realizzò lo spettacolo fu Teatro Aperto 74, fondata da Antonello Pischedda.
Dobbiamo quindi ringraziare Mara Baronti, la regina delle fiabe del teatro italiano ed Antonello Pischedda, se questo progetto ha avuto luce nella nostra città.
Peccato che il Sindaco Peracchini ed il triunvirato del Teatro Civico durante la conferenza stampa per la presentazione delle celebrazioni, che prevedono un convegno e la riproposizione della Storia di tutte le storie, non si siano presi la briga di citare e di ringraziare Mara ed Antonello. Una desolante caduta di stile. Imperdonabile non conoscere la genesi e la storia dello spettacolo; altrettanto non citarne i fautori. Che tristezza. Che ingratitudine.
A Mara ed Antonello, che mi mancano e mancano tantissimo al mondo della cultura italiano, oltre che ad inviare le scuse di questa città ingrata, dedico questa filastrocca di Gianni. Sono convinto che apprezzerebbero.
Il cielo è di tutti
Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell’ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa o in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la Terra è tutta a pezzetti.