La boxe è lo sport nobile per antonomasia. Due uomini che si sfidano a viso aperto, con regole comuni e condivise, senza differenze di credo politico, razza, religione. Un combattimento tra gentiluomini che avviene nel microcosmo del ring dove i colpi bassi sono banditi e la violenza sublimata dal gesto atletico; e dove contano la capacità ed il coraggio, che poi non è solo il coraggio di affrontare l’avversario, ma quello di guardarsi dentro e vincere le proprie insicurezze e paure. Uno sport che è stato elevato al rango di racconto epico attraverso capolavori immortali della letteratura e del cinema. Uno sport dalle forti implicazioni politiche e sociali, una vera e propria epopea del riscatto, come dimostra la storia di uno come Muhammad Ali con il suo NO stentoreo alla guerra del Vietnam e le battaglie per i diritti degli afroamericani e contro il razzismo. Uno sport che, come tutti gli sport, può essere uno degli strumenti più efficaci di integrazione.
Come scrive bene l’amico e collega Alessandro Grasso Peoni sul Secolo XIX di oggi, devono pensarla proprio così la Caritas spezzina capitanata da Don Palei, il Comune di Santo Stefano, l’associazione Open Space Campo, che, in collaborazione con la Federazione Pugilistica Italiana e la società spezzina Grifo Boxe, hanno avviato il progetto “Un pugno al razzismo” che coinvolge 34 migranti, dai 18 anni in su, provenienti da Burkina Faso, Guinea Bissau, Costa D’Avorio, Nigeria, Gambia e Senegal. In poche parole, un percorso sportivo e formativo, che punta ad integrare questi ragazzi e magari a costruire, pensiamo solo a Sumbu Kalambay e Nino la Rocca, futuri campioni da mandare alle Olimpiadi con i colori italiani appuntati sul petto.
Apriti cielo. I consiglieri regionali liguri della Lega Alessandro Piana e Stefania Pucciarelli sono insorti, stigmatizzando l’iniziativa attraverso un duro comunicato stampa. Citando il virgolettato di AGP, secondo i leghisti “dopo i giovani africani invitati dal parroco di Vicofaro a sollazzarsi in piscina (incredibile, come hanno osato? N.d.R), ora in Italia c’è chi insegna ai migranti a tirare meglio i pugni.” E la crociata continua: “in tutte le province organizziamo corsi di autodifesa per donne (e certo, la Lega è famosa per le sue battaglie a difesa dei diritti delle donne N.d.R.) e questi danno lezioni gratis di pugilato ai richiedenti asilo? E’ normale?”. Bellissima la chiosa: “Ci aspettiamo che il PD e certi sacerdoti (il riferimento a quell’associazione sovversiva che si firma Caritas qui è lampante N.d.R) organizzino ulteriori lezioni di tiro a segno con fucili e pistole, tecniche di lotta greco romana ed altri sport del genere”. Niente paura, cari leghisti dell’Illinois, nessuno vuole togliervi la primogenitura della vostra proposta di legge per tenere in casa pistole, fucili e lanciagranate contro l’invasione degli stranieri.
Nell’articolato e profondo immaginario politico culturale leghista ogni immigrato, specialmente se uomo nero, è un rapinatore e stupratore. E noi gli insegniamo anche a prenderci a patoni (come si dice a Spezia)? Riusciamo solo ad immaginare i danni a persone e cose che possono causare 34 energumeni neri che tirano di box in giro per la Val di Magra? È allarme sociale e di ordine pubblico! Speriamo che i sindaci e i parroci ci ripensino e facciano fare agli immigrati solo sport inoffensivi e più consoni alla loro razza, come inseguire zebù e gazzelle nella savana. Ma senza archi e frecce, ci raccomandiamo, non si sa mai che gli venisse in mente di assaltare un furgone porta valori.